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\\ Home Papagnol : Storico : Storia di Barletta (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Francisk (del 05/08/2009 @ 07:25:16, in Storia di Barletta, linkato 1676 volte)

Parigi 23 Luglio 2009

Le nuvole di Parigi sono archetti di violino, si muovono sulle corde tese del cielo sospinte dal vento.

Del resto, a Parigi, tutto è musica.

Questa mattina ho un appuntamento importante.

Ho studiato il percorso: da Bercy prendo la metropolitana, linea 6, fino a Nation. Poi linea 2, quattro fermate in direzione Porte Dauphine e sarò arrivato.

La metro, come del resto la Citè, è un contenitore di vite, di colori, di odori, di suoni e idiomi.

La musica ti rincorre lungo i corridoi che portano alle fermate, attraversa con te le porte scorrevoli accompagnata dagli strumenti più diversi e dai loro proprietari. Note per un paio di fermate, giro per raccimolare qualche spicciolo e poi la musica scende per ricominciare da qualche altra parte.

Fermata dopo fermata l’appuntamento si avvicina e questo mi emoziona.

Mi accompagnano mia moglie e miei figli, la visita che stiamo per fare non sembra entusiasmarli ma sanno che per me è importante e questo basta.

Ecco la fermata Philippe Auguste, alla prossima si scende.

Le porte si aprono,Père Lachaise, siamo arrivati.

Saliamo le scale, in cima un clochard mangia un po’ di pane, Parigi è anche questa  grandeur e marginalità.

Dall’altra parte della strada scorgo il luogo dell’incontro, attraversiamo e una piccola porta ci conduce ad una rampa di scale. Appena saliti, sulla sinistra, scorgo un pannello con tantissimi nomi, cerco il nome che mi interessa e scopro, con mio grande disappunto, che non c’è.

E ora dove ti trovo?

Questo posto si estende per 47 ettari, è un labirinto di viottoli, è un’impresa impossibile ma non ho nessuna voglia di desistere. Passeggiamo per un po’ guardandoci intorno e sperando in un colpo di fortuna che non arriva. Finalmente intravedo una costruzione, mi sembra un ufficio, forse qualcuno può darmi informazioni. Mi accoglie una ragazzona di colore dai denti grandi e bianchi che non disdegna di mettere in mostra con un bel sorriso. Provo a chiederle, in uno stentatissimo francese, se può aiutarmi nella mia ricerca. Le mi porge un post-it e mi chiede di scrivere nome e cognome della persona cercata e io rapidamente scrivo Giuseppe De Nittis. La prima ricerca al computer dà esito negativo, allora la ragazza mi chiede l’anno di morte. Scrivo 1884. Dopo la seconda ricerca, lei mi guarda sorridendo  e dice:”Joseph De Nittis secteur onze”. Le porgo la cartina e lei gentilmente segna il luogo dell’appuntamento.

"Peppì finalmente sono arrivato, non potevo andar via da Parigi senza venirti a porgere il mio saluto. Certo che i francesi si sono dimenticati di te, il tuo nome non compare tra i nominativi illustri e pensare che nel 1878 ti avevano insignito con la Legion d’onore.

Bello questo posto, non sembra neanche un cimitero. C’è un via vai di gente che sembra di essere in uno dei tanti parchi di Parigi. Ho letto che a Père Lachaise vengono quasi due milioni di persone l’anno. Vedo che sei in buona compagnia : Chopin, Balzac, Jim Morrison, Oscar Wilde, Maria Callas, Amedeo Modigliani, Edith Piaf, Maria Callas ecc.ecc.

E’ proprio vero, voi non siete mai morti, la vostra Arte, in cui infondeste totalmente il vostro spirito, vi rende immortali. Tutto questo è ben specificato sulla tua pietra tombale, l’epitaffio scritto da Alexandre Dumas figlio dice:

   

Ci git

 Le peintre Joseph De Nittis

 1846-1884

 Mort a trente huit ans  

En pleine jeunesse

 En plein gloire

 Comme les Héros

 Et les Demi Dieux.

 Non mi resta che salutarti Peppì, lascio sulla tua tomba la poesia che ti ho dedicato, spero ti faccia piacere." 

Ciao Peppino 

                                       

  

 
Di Francisk (del 24/05/2009 @ 22:37:54, in Storia di Barletta, linkato 2529 volte)


Qualche tempo fa vi avevo raccontato del mio viaggio con Peppino.

Oggi ritorno da voi per dirvi che il mio speciale rapporto con il nostro illustre concittadino non si è interrotto. Ho una notizia molto interessante da rivelarvi: se Giuseppe De Nittis fosse vissuto ai nostri giorni sarebbe stato un grande estimatore del nostro blog e, sicuramente, nella mappa dei barlettani nel mondo, ci sarebbe stata una bandierina con il suo nome sulla città di Parigi

 

A questo punto sono certo che molti di voi si stanno chiedendo da cosa è originata questa mia convinzione. E se vi dicessi che Peppino nel suo Taccuino ha parlato del rapporto che lo legava al dialetto della sua terra?

 

Non mi credete?

 
P’ppei d’ngill tou !

“Io non amo la lingua italiana, trovo che manca di virilità ed è troppo solenne, preferisco il mio caro dialetto, facile e colorito e soltanto in quello riesco a esprimermi con spirito.”

 Nel 1879, dopo l’Esposizione Universale, la città di Barletta fece coniare in mio onore una medaglia e preparò i festeggiamenti per il mio arrivo. Prima di partire dovetti sorbirmi le raccomandazioni di mio fratello Vincenzino.
 

- Peppino!... mi raccomando… cerca di parlare in italiano, come tutti gli altri. Sono delle personalità importanti e, per questa volta, lascia perdere il dialetto!

 

Ho già pensato io a tutto.

 

-Anche al mio discorso?

 

- Si, - cavò dalla tasca una grande busta rigonfia e me la porse.

 

All’arrivo ebbi un’accoglienza entusiastica e cordiale e mi trovai completamente a mio agio. Durante il banchetto ci furono i discorsi d’uso, tutti abbastanza brevi e spassosi; poi toccò a me e dovevo rispondere. Tra i personaggi ufficiali scorgevo le care facce dei miei compagni d’infanzia e su tutti i volti si leggeva una solennità di circostanza, una vernice sottile pronta però a dissolversi in una gioiosa effusione. Presi dal portafogli il discorso di Vincenzino; ma avevo una gran voglia di gridare, di cantare e di abbracciare tutti, personalità ufficiali e compagni di un tempo. Gettai la busta sulla tavola.

 

- Signori, ecco qui un bel discorso che mio fratello Vincenzo mi ha preparato per voi, perché non ha nessuna fiducia nelle mie qualità oratorie. Dopo, quando sarete soli, potrete leggervelo con tutto il comodo; ma, adesso…neh!, per piacere, facciamoci quattro risate insieme, perché sono troppo felice di essere qui tra voi per pensare ad altro.

 

Mescolammo il dialetto all’italiano, e fu tutto uno spasso, dal principio alla fine, mentre con le risate i cuori si aprivano. Concludemmo la serata a teatro dove l’intera sala mi tributò un’ovazione. Ed è stato quello un ricordo tra i più cari della mia vita d’artista.

 
 

Ora mi credete ?

   

P.S. - Tutti i barlettani dovrebbero leggere il Taccuino 1870-1884- Electa Napoli

 
Di Francisk (del 13/02/2009 @ 00:37:30, in Storia di Barletta, linkato 22239 volte)

Amici miei eccomi di ritorno. Ho fatto un viaggio bellissimo: sono stato in Puglia, in Campania, a Parigi e a Londra. Ho percorso strade sterrate e vie cittadine, ho goduto delle meraviglie della natura, dei suoi colori, dei suoi odori. Sono rimasto con naso all’insù guardare il movimento delle nuvole, a braccia larghe con i palmi delle mani aperti ho sentito la pioggia scendere come una benedizione. Sono stato bene, ho incontrato gente, ho frequentato salotti, ho bevuto del buon vino. Ho udito il tintinnio dei bicchieri, le frasi sussurrate dietro i ventagli, il frusciare di meravigliosi vestiti indossati da splendide donne. E poi ho discusso d’arte con chi dell’arte ha fatto una ragione di vita. Peppino, ad esempio, già da bambino ripeteva sempre “Io sarò pittore” perché ha sempre sentito di essere nato per dipingere, ammirare e sognare. Peppino ha dato colore al suo sogno, l’ ha mescolato alle sfumature delle sue tele. Lungo l’Ofanto, la Senna, sui ponti del Tamigi, cambia poco:“la natura io le sono così vicino! L’amo! Quante gioie mi ha dato! Mi ha insegnato tutto: amore e generosità. E con il loro cielo che mi raffiguro i paesi ove sono vissuto. Li ho amati tutti. Amo la vita, amo la natura, amo tutto ciò che ho dipinto."*

* Giuseppe De Nittis. Taccuino 1870-1884   

 

                 

 Giuseppe De Nittis

 

Gioia                                                                Joie

da un improvviso acquazzone,                           d'une averse soudaine,

la vita scende addosso                                      la vie te prend

a nutrire l’ispirazione.                                       pour nourrir l'ispiration

                                    

Impressioni,                                                      Impressions,

sulla tela interiore                                              sur la toile interieure

sfumature del tuo sentire,                                  nuances de tes sentiments 

Pittore.                                                            Peintre.       

 

La natura,                                                        La nature,

il suo umore,                                                    son humeur, 

farlo proprio                                                    la faire sienne

ottenere di cielo ed aria il colore.                      obtenir la couleur du ciel et de l’air.

 

Dipingere,                                                       Peindre,

per questo sei nato:                                         tu es nè pour cela: 

dipingere, ammirare, sognare                           peindre, admirer, rever

e questo è stato.                                              et ce fut ainsi.

 

Vita vera,                                                       La vie reele,

laico osanna al creato,                                    laique hosanna a' la creation,  

pennellate                                                       trait de pinceau

a definire un’atmosfera.                                  pour definir une atmosphere.

 

Francesco Prascina                                    Traduzione Giovanni Ubbiali

 

 

 
Di Francisk (del 12/09/2008 @ 08:21:45, in Storia di Barletta, linkato 1616 volte)
Ancora un attimo
 
Ancora un attimo e quella che chiamammo vita
sarà vento, ricordo, pianto.
 
Siamo qui con le braccia protese a domandar ragione
dei nostri sogni spezzati, del nostro futuro infranto.
 
No, non possono farci scudo queste mani,
non bastano a preservare il nostro domani.
 
Non servono i perché mugolati a chi non capirà,
chi urla ordini in lingua ostile non li ascolterà.
 
Il tempo è fermo come il sangue nelle nostre vene,
segnata è la nostra sorte,
 
è come se trattenessero mille catene
i nostri corpi paralizzati dall’appressarsi della morte.
 
Addio, addio a chi incrociò la sua con la nostra esistenza,
addio a chi verserà lacrime straziate per la nostra cruenta partenza.
 
E’ finita!
Questa vita, ci passa davanti in meno di un secondo,
è finita, non saremo più del mondo.
 
Ancora un attimo e cadremo ammazzati,
qualcuno porterà un fiore sui nostri corpi straziati.
 
Francesco Prascina
 
 
Ai caduti del 12 settembre 1943
 
Pagine: 1


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